Tracciamento contagi coronavirus. Un’app e la questione “fiducia”

Tracciamento contagi coronavirus. Un’app e la questione “fiducia”

Una cosiddetta Tracing-App (applicazione per il tracciamento dei contatti) potrebbe servire a informare più rapidamente le persone potenzialmente contagiate ed interrompere così la catena dei contagi. Ciononostante, prima che l’app possa essere effettivamente utilizzata, è necessario superare una serie di ostacoli.

Di Christian Feld e Justus Kliss, ARD Capital Studio Berlin

Scaricheranno davvero milioni di tedeschi volontariamente una Corona-Tracking-App sui loro smartphones? Più persone la scaricheranno, piú grande sará, secondo i creatori dell’app, l’effetto desiderato: informare più rapidamente le persone contagiate spezzando così la catena dei contagi. In questa questione il criterio decisivo sará il grado di fiducia degli utenti nel programma.

È ancora impossibile arrivare ad un giudizio definitivo su quali possano essere i vantaggi e gli svantaggi di una Corona-App destinata alla Germania. Il Robert Koch-Institut sta preparando un programma simile, che non va confuso con la “Datenspende-App” già presentata dal medesimo Istituto. Finora peró l’unico dato certo é su quale concetto si basa l’applicazione per il tracciamento dei contatti.

Una settimana fa, l’organizzazione europea PEPP-PT (Pan-European Privacy-Preserving Proximity Tracing) ha presentato una sorta di kit tecnologico di base. I 130 partecipanti provenienti da diversi paesi europei promettono la massima parsimonia in termini di raccolta dei dati personali. Non saranno per esempio memorizzati i dati di localizzazione (tracking). Il sistema memorizza solo le coppie di cellulari che, per un determinato periodo di tempo, si sono trovate a distanza critica (tracing). I dati memorizzati devono essere cancellati dopo 21 giorni. Quando un utente dell’app segnala di essere contagiato, tutti i contatti che si sono trovati nel raggio d’azione del suo cellulare verranno informati tramite una notifica push.

Il sistema dovrebbe funzionare anche al di là dei confini nazionali. “Presumo che la prima app sarà lanciata tra il 15 e il 19 aprile”, afferma l’imprenditore in campo informatico Chris Boos, dell’organizzazione PEPP-PT.

Ancora molti ostacoli

Sulla strada che porta da questo concetto ad una vera e propria app ci sono ancora diversi ostacoli da superare. Innanzitutto ci sono le questioni tecniche. Infatti per determinare se due persone o meglio, i loro cellulari, si sono trovati vicini l’uno all’altro viene utilizzata la tecnologia Bluetooth. Questo vuol dire che il fattore decisivo è il grado di precisione delle rilevazioni. Dopotutto, puó essere fondamentale determinare se la distanza sia di 1,50 metri o di 2,50 metri. Oppure sapere se gli utenti abbiano il loro cellulare in tasca o in mano. O ancora, se ci sia un vetro o un muro a separarli. Per andare sul sicuro allora, si potrebbe regolare il sistema con massima precisione. In tal caso però troppe persone riceverebbero una notifica.

La misurazione via Bluetooth è stata testata, tra l’altro, presso la Vodafone di Düsseldorf. Anche le forze armate tedesche hanno abbracciato l’iniziativa conducendo diversi test in una caserma di Berlino tra la scorsa settimana e ieri. I risultati, tuttavia, non sono ancora stati pubblicati.

Un progetto simile, che riguarda la raccolta di dati sensibili, in cui lo Stato è coinvolto, è giustamente sotto attenta osservazione. Manca ancora una vera e propria analisi in pubblico. In una fase successiva, l’organizzazione PEPP-PT vuole divulgare il codice di programmazione del suo sistema. Comunque, resta fondamentale sapere come risulterà la versione finale dell’app.

Criteri di valutazione del Chaos Computer Club

Il Chaos Computer Club ha pubblicato una lista di dieci “criteri” per valutare tali applicazioni per il tracciamento. Così ad esempio, la protezione dei dati degli utenti deve essere garantita da “provvedimenti tecnici verificabili” come cifratura e anonimizzazione delle informazioni. Per giunta, qualora l’uso di tali applicazioni si rivelasse inutile, “l’esperimento” deve essere interrotto. Un’implementazione senza un “server centrale onnisciente” dovrebbe essere tecnicamente possibile.

Il governo federale non vuole costringere i cittadini a utilizzare l’app. “È già chiaro che lo faremo su base volontaria”, ha detto la Cancelliera all’inizio di aprile. La domanda è: potrebbe venire aumentata la pressione su chi non vuole utilizzare l’app? Ci saranno poi negozi, cinema o ristoranti che rifiutano l’ingresso ai non-utenti? Come misura precauzionale, il Chaos Computer Club insiste che i non-utenti non subiscano svantaggi.

Campagna pubblicitaria per l’app

Thomas Jarzombek, Commissario per la Digital Economy e per le start-up del Ministero Federale dell’Economia, sottolinea in un’intervista con l’ ARD-Hauptstadtstudio quanto siano importanti la trasparenza e la completezza delle informazioni. Per esempio il codice di programmazione dell’app deve essere accessibile a tutti: “Qualsiasi software sviluppato dallo stato deve essere open source”.

Diverse associazioni del settore della Digital Economy stanno già riflettendo sulla campagna informativa relativa all’introduzione dell’app. Dopo una videoconferenza martedì scorso, Jarzombeks intende coordinare questi sforzi. L’importante è che l’app finisca su quanti più cellulari possibile. Jarzombek non prevede che l’app sia pronta prima della fine di aprile. L’organizzazione PEPP-PT è più ottimista sulla data del lancio.

No a raccomandazione da parte del CCC

Il Chaos Computer Club dichiara che non verranno raccomandate applicazioni, concetti o procedure specifiche “per ragioni di principio”: “Tuttavia, sconsigliamo le applicazioni che non soddisfano i nostri requisiti”. Il fatto che i “criteri” di questa ‘associazione di hacker non vengano soddisfatti non porta necessariamente al fallimento di un programma, ma potrebbe avere un impatto negativo sulla fiducia degli utenti. Tuttavia, fino a ulteriore verifica, il motto rimane: aspettiamo la versione finale dell’app.

Leggi l’articolo originale in lingua tedesca
Fonte: Tagesschau.de

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Paola Colombo

Mi chiamo Paola Colombo, classe 1982. Nata a Torino da padre italiano e madre polacca sono cresciuta a Chieri, sulle colline limitrofe, tra ciliegi e Freisa. Nel 2005 ho barattato il mio balcone con vista Monte Rosa con una finestra sui canali di Amsterdam. In Olanda ho lavorato come assistente universitaria, interprete, traduttrice e insegnante di lingue e mi sono laureata in lettere e lingua inglese alla Vrije Universiteit. Nell’estate del 2015 ho rifatto le valigie, questa volta con destinazione Berlino. Amo la poesia americana del dopoguerra e il doo wop, la letteratura inglese ottocentesca e la storia. Forse perché a volte mi capita di avere la testa fra le nuvole, sono inoltre attratta dai fenomeni meteorologici estremi. Probabilmente peró la vera ragione sta nel fatto che cicloni, tornado e uragani sono forze incontrollabili. Come le storie, quelle che mi piace scrivere, leggere o guardare, il cui impeto nasce da qualcosa di normale, talvolta sottovalutato, ma che poi sorprendentemente cresce diventando un turbine che affascina, un turbine chiamato racconto. Proprio uno di questi racconti/incontri mi ha portato a scoprire Berlinitaly.

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