Libeskind

Libeskind
Photo Credit To mararie

Progettato dall’arch. americano Daniel Libeskind (figlio di ebrei polacchi deportati), ed ultimato nel 1999, venne definitivamente inaugurato nel 2001 (il destino volle che l’inaugurazione avvenisse proprio l’11 settembre 2001).

All’interno del museo si “racconta” la storia degli Ebrei Europei, in particolare in Germania, nell’arco dei due millenni passati, partendo dai primi insediamenti del medioevo, sino ai più tragici eventi legati al tema dell’Olocausto.

Infatti negli anni ‘70 iniziò a prendere piede l’idea di riaprire un museo ebraico a Berlino (a seguito della chiusura negli anni trenta da parte del Regime Nazista) e dopo diversi progetti e programmi vide prendere piede il progetto di Libeskind.

Diverso dai soliti spazi museali, dove l’oggetto è parte principale dell’edificio, in questo caso l’edificio è esso stesso opera d’arte a 360 gradi. Lo spazio diventa narrazione, alternando durante il percorso, capitoli architettonici sempre nuovi e suggestivi.

vincenzo_guzzo_libeskindR1
Di Studio Daniel Libeskind – Studio Daniel Libeskind, CC BY 3.0

La morfologia planimetrica dell’edificio si presenta come un grosso “zig – zag”, con imponenti prospetti interamente rivestiti in zinco, con finestrature che ricordano squarci e ferite. I percorsi si incrociano tra loro creando al visitatore una sensazione apparentemente di disorientamento, grazie anche ai percorsi sconnessi e tortuosi. Consiglio di programmare per tempo la visita. Lo spazio espositivo è enorme e occorre prendersi un’intera giornata per visitarlo nella sua totalità.

Pur essendo la parte più importante dell’intero museo, il progetto di Libeskind risulta essere un’appendice dell’adiacente Berlin Museum (costruito dall’arch. Philipp Gerlach della seconda metà del 1700 e ristrutturato negli anni ‘60 come museo della città di Berlino), dal quale si accede. Non ha infatti un accesso diretto dall’esterno e per potervi entrare occorre passare dal vecchio edificio. Un ottimo esempio di connubio tra architetture apparentemente diverse tra loro, ma legati da un unico percorso esplorativo.

Il percorso museale viene concepito per assi. Tre in totale: l’asse che conduce alla torre dell’Olocausto, l’asse dell’esilio che porta al giardino dell’Esilio ed il terzo che”narra” la storia del popolo tedesco in Europa. Percorsi ipogei conducono alle varie sale dell’edificio. Le due storie (quella tedesca e quella ebraica) di succedono tra loro incrociandoci più volte, creando suggestivi effetti evocativi unici nel loro genere.

vincenzo_guzzo_libeskindR3
Foto: Patrik M. Loeff

Il giardino dell’Esilio è forse la zona del museo dove si percepiscono le sensazioni più forti: situata all’esterno, in essa sono collocate 49 colonne di cemento armato di diversa altezza, su di un percorso in declivio interamente rivestito in pietra. In cima a tali torri trovano sede degli alberi, formando dall’esterno un giardino uniforme e inaccessibile alla vista.

La diversa altezza delle torri conferisce all’osservatore un sensazione di piccolezza e di smarrimento, quasi come trovarsi in un imponente labirinto.

La torre dell’Olocausto è anch’essa un luogo fortemente simbolico e rappresentativo: a pianta triangolare, completamente buia e senza luce artificiale (l’unica luce proviene da una piccola feritoia posta in un angolo del soffitto), una volta aperto l’imponente e pesante portone di ingresso, si presenta con una superficie in cemento armato a vista, senza alcun altro tipo di finitura ed alta ben 20 ml. Ne deriva un ambiente “asfissiante e claustrofobico” che mette a disagio il visitatore sin da subito. I minuscoli fori praticati nelle pareti fanno passare insieme l’aria ed i suoni ovattati provenienti dall’esterno.

Altro spazio importantissimo del museo di Libeskind è lo Spazio della Memoria.

Foto: Dominic Simpson
Foto: Dominic Simpson

Sul pavimento del vasto ambiente si trovano 10.000 volti disegnati su dei dischi di metallo che cospargono interamente la superficie del locale (opera dell’artista israeliano Menashe Kadihman). E’ possibile accedervi a camminarci sopra. Anche qui la sensazione è molto forte ed evocativa.

Se come diceva Le Corbusier “L’architettura è un fatto d’arte, un fenomeno che suscita emozione, al di fuori dei problemi di costruzione, al di là di essi. La Costruzione è per tener su: l’Architettura è per commuovere” in questo progetto Libeskind ne ha riassunto in maniera eccelsa il pieno significato.

Autore: Vincenzo Guzzo

About The Author

Vincenzo Guzzo

Arch. Vincenzo Guzzo Architetto libero professionista, svolge la sua attività sia in Italia ( prov. di Milano) che a Berlino. Si occupa di progettazione architettonica e direzione lavori, dal residenziale al direzionale, sia nel campo privato che pubblico.

Related posts

Leave a Reply

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *