Il ritorno

Il ritorno
Photo Credit To www.unsplash.com | Marco W.

Dal sito “italiansinfuga.com

Si è parlato molto negli ultimi mesi della famosa “Ondata al contrario”,  ossia del percorso inverso che  quanti sono sono espatriati compiono  dopo appena 2/3 anni di vita “fuori porta”.

Come interpretiamo psicologicamente questa voglia di tornare a casa?

Sono andata a scovare alcune ricerche sull’emigrazione in paesi freddi da parte di popolazioni mediterranee (Italiani, Spagnoli, Greci…) e la situazione è simile per tutti: l’Ondata inizia con la “ricerca della felicità”, la ricerca del denaro, la ricerca della bella vita e del lavoro fisso. Cose che la nostra economia non ci permette. 

E la trovano anche, la felicità e la bella vita, da quanto le statistiche ci dicono:
la trova quasi totalità di chi parte….se non che dopo qualche anno di permanenza si realizza che le aspettative sono alte tanto quanto le delusioni. Il 78% degli Italiani in viaggio verso Germania, Francia e Inghilterra, scappava per una vita migliore e la trovava al suo arrivo.

Ci si trova faccia a faccia con una cultura completamente differente (ragione del rientro per il 25% di chi parte, che lamenta uno stile comportamentale opposto  a quello a cui ci si è abituati e difficoltà di socializzazione). 

Si legge : “avevo un bel lavoro, un contratto… e poco altro” , “pochi amici, tutti italiani”, “rimarremo per sempre stranieri”…. e lo siamo. Gli Italiani si sentono senza voce e impediti ad esprimere al 100% quello che vogliono dire, per quanto si impegnino nello studio di questa lingua cosi ostica.

Ci si trova faccia a faccia con il clima, che ci cambia la vita, che ci entra dentro. Per alcuni non è un problema aiutarsi con vitamine e sali, per altri questa necessità è vissuta come una costrizione: “Siamo costretti a prendere la vitamina D per bocca ogni giorno per aumentare il livello del nostro umore, perché non possiamo prenderla dallo iodio, dal sole o dal calore, e questo non è naturale”. Questo problema affligge l’ 8% delle persone trasferite che decide di tornare a casa; l’umore declina dopo pochi mesi, la vita si percepisce più pesante, faticosa e velata da una nebbia.

Il 45% di chi ritorna lo fa perché mancano gli affetti. La famiglia, gli amici, le origini. La maggioranza di questi lo capisce nel momento in cui è in attesa di un bambino oppure un parente nella città di origine sta mettendo su famiglia.

Ecco dunque quello che ci porta a sentire “Il richiamo della patria” . 

Dopo che sono passati i primi anni tra party, club incredibili, feste, caffe letterari deliziosi, persone di tutti gli angoli del mondo che creano una rete interculturale meravigliosa e frizzante, carriera lavorativa proficua e mezzi di trasporto ideali… vince comunque lo stile di vita, l’aperitivo sul mare dopo l’ufficio, il calore della famiglia, il cibo profumato.

Di questo 78% che ha lasciato “casa” per assecondare i propri sogni, le proprie aspirazioni e riuscire ad avere una vita migliore, più della metà torna a “casa” senza una garanzia lavorativa e sa che farà vita difficile per sistemarsi, puntando tutto sull’esperienza maturata negli anni all’estero e nella padronanza delle lingue; l’altra metà invece ha un appoggio come abitazione, ditta di famiglia o un gancio che consenta di riprendere le fila della vita lasciata prima dell’esodo. 

È naturale, concludendo, che questa situazione non valga per tutti: non tutti riescono a impegnarsi e mettersi in gioco al punto da costruire qualcosa qui, perché ci vuole impegno, fatica e tanto, tanto tempo. Ci sono quelli che già da subito rimangono intrappolati e con un pugno di mosche in mano, e si attaccano più facilmente alle variabili non ideali di questo paese per rientrare a gambe levate: “Se devo fare la cameriera a Berlino, la faccio a casa mia” si sente dire spesso. 

Insomma è sempre più esponenziale il fenomeno opposto al grande trend iniziato 10 anni fa, e che vedeva questa ondata massiccia diretta verso l’asse Londra-Berlino-New York, luoghi che adesso i giovani abbandonano per raggiungere Palermo, la Sardegna, insomma,  “casa”, e soprattutto “casa con sole”, tanto che addirittura a volte per “casa” si scelgono destinazioni come la Thailandia, il Portogallo e le Canarie. Non si sceglie più l’economia ma si sceglie il calore, lo stile di vita, l’aperitivo in spiaggia al tramonto con gli amici e meno soldi nel portafoglio.

Autrice: Lucrezia Butera

About The Author

Lucrezia Butera

Sono Genovese, Laureata in Psicologa Generale e specializzata in Criminologia all’Università di Torino poi abilitata alla professione presso l’ateneo di Firenze. Nel mio studio offro consulenza psicologica e percorsi terapeutici personalizzati per adulti, bambini e adolescenti; la mia idea di percorso terapeutico è volta a lavorare sul soggetto più che sulla problematica, perché ognuno di noi è il centro di se stesso. Ho prestato consulenza presso comunità terapeutiche per minori autori di reato e non, nelle quali ho avuto modo di apprendere e applicare le differenti tecniche di Arteterapia e la loro rielaborazione. Ho formato percorsi di terapia di coppia e famigliare, presso il Centro Studi per la Terapia della Coppia e del Singolo di Genova oltre che consulenze di gruppo volte alla cura dei disturbi di tipo emotivo che possono inficiare la sfera sessuale, famigliare, lavorativa e sociale del paziente. Ho concluso il mio percorso di studi con un Master in consulenza tecnica di ufficio per il lavoro con i tribunali penali (CTU/CTP). Appassionata di psicologia infantile, sono venuta a Berlino per conoscere le realtà degli asili bilingue, presso i quali ho lavorato nel 2015. Attualmente sono impegnata all’interno di "Infermieri Italiani" , progetto per la consulenza e il sostegno degli italiani a Berlino sotto ogni punto di vista (medico e psicologico) , dove organizzo corsi di: • arte terapia infantile • pre/postparto • mindfullness • terapia del singolo • consulenza familiare Faccio inoltre parte della redazione di questo giornale “Berlinitaly.post” dove scrivo articoli a sfondo psicologico sociale.

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