
La Berlinale 2017 si avvia nella fase finale. Manca ancora qualche proiezione. Domani, sabato 18 febbraio, durante la serata di premiazione, conosceremo il vincitore di questa 67 edizione del Festival di Berlino. Ma quali sono, tra i 18 film in concorso, quelli che potrebbero vincere l’Oso d’Oro, l’Orso d’Argento e gli altri principali premi da assegnare?
È sicuramente difficile prevedere cosa decideranno Paul Verhoeven e gli altri membri della giuria, ma possiamo azzardare qualche ipotesi, fare un primo bilancio, magari solo per divertirci un po’ ed alzare la tensione, anche a rischio di non azzeccare nemmeno un titolo. Ascoltando qualche chiacchiera tra una fila e l’altra, scambiando opinioni con colleghi di nazionalità diversa, leggendo qualche recensione e facendo un mio bilancio personale di quello visto fino ad ora, i favoriti a contendersi l’Orso d’Oro dovrebbero essere in tre:
The Other Side of Hope del maestro finlandese Aki Kaurismaki. Il regista è stato molto critico e molto ironico in conferenza stampa con la restrittiva politica europea sull’immigrazione riscuotendo risate ed applausi. Ambientato ad Helsinki, il film racconta l’incontro tra un siriano arrivato illegalmente dentro una nave cargo, alle prese con le procedure burocratiche della richiesta di asilo, e un finlandese di mezza età in procinto di rifarsi una vita aprendo un ristorante dopo aver lasciato la moglie alcolizzata e aver venduto la propria attività commerciale. Un incontro tra anime perse e disperate raccontato con leggerezza ed ironia; persone molto diverse che si incontrano e creano una comunità stramba ma solidale. Un film riuscito. “Non essere malinconico. I malinconici vengono rispediti tutti indietro”, una delle frasi emblematiche del film, detta da un profugo iracheno al protagonista, in un paese, la Finlandia, che non brilla certo per allegria. La pellicola è stata accolta con molto favore dalla stampa. Un altro film che ha buone chance di vincere qualcosa secondo me è Félicité, di Alain Gomis, ambientato a Kinshasa, in Congo. È la storia di Félicité, una donna forte ed anticonformista. La vediamo cantare di notte in un locale di Kinshasa quasi dimenticando il mondo che la circonda, e di giorno lottare nel disperato tentativo di racimolare il denaro necessario per far operare il figlio finito in ospedale dopo un incidente d’auto. Alain Gomis – descrivendo la ricerca di soldi in un paese corrotto e a tratti solidale, tra soprusi, miseria, alcolismo, ma anche piccoli dettagli divertenti della vita quotidiana di Felicité, come i tentativi di riparare un frigorifero rotto, e la notte, in cui la musica e l’alcool diventano fondamentali per sopportare la miseria in cui vivono i personaggi – ci consegna un ritratto molto forte e convincente di quel pezzo d’ Africa. E infine il film ungherese, uno dei miei preferiti, On Body and Soul di Ildikó Enyedi, di cui avevo già scritto pochi giorni fa: una strana, originale, emozionante storia d’amore tra i due protagonisti del film, ambientata tra la cruda realtà di un macello e l’incontro onirico in un incantato bosco innevato. Due solitudini che si incontrano in una maniera davvero originale. E poi ammetto di avere un debole per Reda Kateb, l’attore francese molto carismatico protagonista di Django. Che non vinca lui il premio come miglior attore?
Vedremo….
Autore: Barbara Ricci